Monica e l’alter ego di suo marito
Arrivai al parcheggio, dove eravamo soliti incontrarci per le nostre uscite clandestine che ormai erano sempre più rarefatte.
Vidi la sua auto e parcheggiai in uno strallo un po’ distante.
Scesi dalla mia e mi diressi verso la sua. Mentre camminavo, mi diedi una rapida controllata per avere la certezza di essere perfetta, come a lui piaceva vedermi.
Mi ero messa una minigonna ampia color giallino, camicetta bianca, scarpe in vernice dello stesso colore e un perizoma in cotone azzurro chiaro, semplice ma che lo eccitava molto, per via della forma che conferiva alla mia carnosa patatina.
Aprii lo sportello e salii. Prima ancora di salutarlo, lo baciai con tutta la lingua che avevo.
Poi mi staccai e lo guardai con dolcezza: “Ciao amore, come stai?”
“Adesso che ti vedo, sto bene. Ma come mai così in ritardo?”
“Lascia stare. Se te lo dico, poi stai male, così preferisco non raccontarti niente.”
“No, dai. Dimmi…”
“Come vuoi, ma poi non pentirtene… Questo pomeriggio mi ha scopata due volte. La prima in piscina e la seconda quando ero ormai vestita e pronta ad uscire.”
“Che porco tuo marito! Come mai tutta questa libidine?”
“Il fatto è che sta diventando geloso. Prima che iniziassimo i nostri giochetti, come a Kos o in Sardegna, non mi aveva mai palesato la sua gelosia, anzi, era stato lui ad incoraggiarmi a farmi qualche scopata con altri in sua presenza. Poi, quando gli ho raccontato quello che era successo durante una gita al lago con un mio allievo, è un po’ cambiato. Lo capisco, perché quella volta non era stato un gioco pianificato, anche se poi gli ho raccontato tutto in ogni minimo dettaglio e lui mi era parso molto complice e divertito dall’accaduto.”
“Posso comprenderlo. E oggi?”
“Questa mattina, gli ho detto che ti avrei incontrato per l’ultima volta. Mi dispiace caro, ma non posso continuare in questo modo, dando ascolto solo alla mia libidine. Io amo alla follia mio marito, non vorrei mai vederlo soffrire e potrei morire se lui mi lasciasse o se s’invaghisse di un’altra perché pensa che io abbia una storia in giro.”
“Dispiace anche a me non poterti rivedere più.”
“Fattene una ragione. Uno come te la trova facilmente un’altra strafica da scoparsi. A proposito, dove mi porti per la nostra ultima scopata?”
“Sei sicura di aver voglia di scopare, dopo le due che ti sei appena fatta?”
“A dire il vero, non è che ne abbia un granché voglia, ma non vorrei lasciarti a secco proprio oggi. Quindi, vedrò di soddisfarti ugualmente: non sarà certo un sacrificio per me.”
“Come vuoi tu amore. Tutto ciò che mi concedi, per me, è oro.”
“Ok, allora andiamo.”
“Nel frattempo, ti va di raccontarmi cosa avete fatto oggi?”
“Tu e mio marito avete almeno una cosa in comune…”
“Il pisello grosso e la sborrata che annaffia?”
Risi: “Sì, anche quelli, ma anche la passione per come vi racconto le porcellate che faccio.”
“Allora amore, soddisfa la mia passione.”
Spostai la mia mano sul suo pacco e constatai che lo aveva già parecchio barzotto, quindi iniziai: “Dopo pranzo, sono andata in piscina e mi sono sdraiata a leggere all’ombra del pergolato, poi mi sono assopita per un po’.
Verso le sedici, mi sono messa al sole e ho risposto ad alcuni messaggi di una mia amica. Lui è arrivato poco dopo e si è disteso vicino a me. Sapevo che aveva parecchia voglia di fare sesso. La mattina, appena svegli, aveva iniziato a tampinarmi, ma siamo stati interrotti dall’arrivo dell’elettricista che deve farci dei lavori in giardino.
Siccome stasera dovevo vedere te, pensavo di rimandare il sesso con lui a domani, ma non c’è stato niente da fare. Ha iniziato ad accarezzarmi il pancino, poi i seni, fino a quando non ho posato il cellulare e mi sono lasciata fare. Poi, ha spostato la mano verso il mio costume…”
“Quale indossavi?”
“Quello sottile, in lycra blu elettrico.”
“Mmm…”
“… e ha iniziato a toccarmela con un certo vigore, prima con un solo dito nel mezzo, poi con due, passandole ai lati del solco e, infine, con quattro, ravanandomela di brutto. Ovviamente, mi stavo scaldando, così gli ho messo una mano tra i capelli e, con l’altra, gli ho stretto il pacco, come sto facendo a te.
D’un tratto, si è alzato, mi ha presa in braccio e mi ha buttata in acqua. Si è tuffato anche lui e mi ha raggiunta, mi ha sollevato le gambe, facendomi mettere nella posizione ‘del morto’, poi ha portato la testa tra le mie cosce e me le ha fatte appoggiare sulle sue spalle. In quel modo, aveva la mia patatina in primo piano davanti al viso e non ha tardato ad incollarci la bocca, succhiandomela e lappandomela come un forsennato. Ho tentato di trattenermi, ma non ho potuto evitare di avere un orgasmo che mi ha fatta sbrodolare parecchio miele, che lui mi ha leccato avidamente.
Quindi, mi ha sfilato il tanga, mi ha spinto verso la scalinata sommersa, mi ci ha fatta appoggiare con i gomiti, mi ha divaricato le gambe e me lo ha infilato fino alle palle.
Ha iniziato così un deciso e vigoroso martellamento che io assecondavo muovendo il bacino, mentre guardavo il suo pistolone che affondava nel mio voglioso sesso.
Mi ha chiesto se volevo venire ancora e gli ho risposto di sì. Ha continuato imperterrito a scoparmi, fin quando non ha percepito le mie prime violente contrazioni, quindi, si è lasciato andare anche lui, scaricandomi dentro un’incredibile quantità di sperma che è uscito tutto alle sue successive pompate.
Alla fine, lo ha tirato fuori, si è portato davanti al mio viso e me lo ha dato da succhiare per ripulirglielo bene. Poi è andato a farsi una nuotata, lasciandomi sul bordo della piscina, mentre mi ripulivo la sua crema dal viso e dalla bocca.”
“Accidenti che scena! E, dopo una porcellata del genere, ha avuto la forza di farsene una seconda?”
“Sì. Dopo un paio d’ore, sono andata a prepararmi. Ho fatto la doccia, mi sono vestita e ho iniziato a truccarmi. Pensavo che rimanesse in piscina, invece è venuto in bagno ad assistere alla mia preparazione.
Mentre mi mettevo l’ombretto, stando piegata un po’ in avanti per avvicinarmi allo specchio, inevitabilmente gli ho offerto la visione delle mie gambe leggermente divaricate e del mio culo, al che mi si è piazzato dietro, mi ha appoggiato il pisello in mezzo ai glutei e ha iniziato a toccarmi ovunque.
Tentavo di continuare a truccarmi, ma ho dovuto desistere. Ho appoggiato le mani sul lavabo per tenermi in equilibrio, dato che indossavo i tacchi a spillo e le sue toccate erano così energiche da farmi barcollare, ma pensavo che prima o poi avrebbe smesso.
Macché! Da dietro mi ha spostato il tanga e mi ha infilato due dita nella vagina. Sentendola ancora umida dal rapporto precedente, non ci ha pensato due volte e me lo ha messo nuovamente.
Mi sono piegata di più per agevolargli la penetrazione e così mi ha chiavata ancora. Sai che, di solito, non uso il termine ‘chiavata’, che dà l’idea di qualcosa di molto crudo e animalesco, ma è proprio quello che ha fatto.
Mi ha fatto allargare maggiormente le gambe, mi ha assestato una ventina di colpi molto decisi e profondi, tanto che ho dovuto metterci tutta la mia forza, per contrastare gli affondi che rischiavano di farmi sbattere il viso contro lo specchio, poi mi ha sborrato dentro, ha finito di svuotarsi per bene e lo ha tirato fuori, mi ha baciata e guardata con dolcezza, quindi se ne è andato.”
“E tu, come ci sei rimasta?”
“Ti sembrerà strano, ma mi è piaciuta molto questa sua insolita brutalità, ed è anche questo che mi ha fatto decidere di lasciarti. Non conoscevo questo lato di mio marito ma, ora che sono consapevole che lo ha, non voglio perdermelo per nulla al mondo.”
Arrivammo al motel, dove eravamo soliti consumare i nostri incontri di sesso clandestino quando avevamo un po’ di tempo o volevamo stare più comodi, rispetto alle fugaci e animalesche scopate in macchina. La camera ad ore infondeva ad entrambi un senso di illecito che aumentava a dismisura la nostra eccitazione.
Estrassi dalla borsetta la mia carta di identità e stetti ad osservare dalla macchina l’interno della reception ‘drive-in’, attendendo che l’addetto guardasse il documento e poi osservasse verso la nostra auto, per vedere se la foto corrispondeva a chi era in macchina.
“Guardami bene, porco, guarda bene la faccia di chi tra pochi minuti starà scopando con il fortunato che ti sta davanti e invidialo.” pensavo ogni volta.
Un’altra sensazione che mi eccita, quando entro nella camera di un motel, è quella di non avere valige, perché il nostro unico bagaglio sono i nostri sessi, smaniosi di entrare in azione e di non avere nient’altro da fare o da sistemare che incollarci l’uno all’altra e dare il via ai giochi.
Mi diede giusto il tempo di appoggiare la borsetta e guardarmi un attimo allo specchio, dopo di che mi prese le tette a piene mani da dietro, baciandomi appassionatamente il collo e dietro le orecchie. Inclinai la testa per favorirlo ma, per il resto, rimasi immobile. Avevo voglia di godermi per un po’ la sua intraprendenza.
Tolse una mano dai miei seni e la portò direttamente a stringere il mio pube, mentre, con l’altra, continuava a pastrugnarmi le tette.
Si stava godendo alla grande il contatto tra le sue dita e la mia carnosa patatina, inguainata nelle sue mutandine preferite. L’intensità delle sue oscene palpate mi stava facendo sciogliere e, istintivamente, allargai maggiormente le gambe, quanto più possibile mi era permesso dall’equilibrio che dovevo tenere sui miei tacchi.
Tolse la mano dalle tette e me la mise in mezzo ai glutei, così che non rimase parte della mia intimità che non venisse frugata e oltraggiata dalle sue avide e lussuriose mani.
Intanto, mi slacciai la camicetta e la gonna; mi concesse giusto il tempo indispensabile per sfilarmele e riprese imperterrito a fare di me tutto ciò che passava nella sua mente di porco irrecuperabile.
Finalmente, tolse le mani dal mio cavallo, mi prese per i polsi e mi portò vicino allo specchio a parete, mi ci fece appoggiare con gli avambracci, mi fece divaricare le gambe e inarcare la schiena, quindi riprese le sue impudiche palpate che iniziavano a farmi andare fuori di testa e che mi avrebbero reso molto più difficile mantenere quell’atteggiamento passivo che mi volevo imporre, per non lasciargli un ricordo troppo bello di me e della nostra ultima scopata.
Quando ne ebbe abbastanza di toccarmi, mi mise un braccio intorno al ventre e mi spinse con forza verso il letto, tanto che atterrai sul materasso, e l’inerzia mi fece volare le gambe all’aria. Con uno scatto felino, si lanciò verso di me e il suo viso arrivò tra le mie cosce in un nanosecondo.
Si avventò con la faccia contro la mia fica e replicò quanto mi aveva fatto poche ore prima mio marito, ma con ancora maggiore insistenza e voracità.
Avevo voglia del suo cazzo, ma sapevo che, prima di riceverlo, sarei stata sottoposta a chissà quante altre porcate.
Era consapevole che queste sarebbero state le ultime che gli avrei concesso, così non mi risparmiò nulla della sua maialaggine.
Dopo avermele completamente inzuppate con la sua saliva, mi sfilò le mutandine, scoprendo il mio sesso che era ormai completamente sbocciato. Prese a succhiarmelo e a scoparmi con la lingua, portandomi così al mio primo orgasmo che provocò una abbondante colata di miele che mi distribuì sul meticolosamente sul pube e sul ventre.
Poi, mi fece girare e mettere alla pecorina. Pensai che, finalmente, avrebbe iniziato a scoparmi, ma mi sbagliai.
Il cambio di posizione gli servì solamente per fare, con il mio buchino posteriore, quello che aveva appena terminato con la mia vagina.
Dopo un po’, mi disse di non muovermi. Si spogliò e si sdraiò sul letto, infilandosi tra le mie gambe e obbligandomi ad un 69.
Ero piuttosto stremata, così mi misi a spompinarlo brutalmente, sperando di farlo scaricare velocemente, ma dovetti desistere. Quella sera, la sua resistenza fu più forte della mia lingua, delle mie mascelle e di ogni mia tecnica fellatoria.
Decise che era ora di scoparmi. Mi scaravoltò sulla schiena e, in un attimo, mi ritrovai il suo cazzone piantato dentro fino all’utero. Non trovando la minima resistenza, prese a martellarmi la passera con affondi decisi e, talvolta, brutali.
Di solito, partecipavo alla scopata muovendo il bacino, per accompagnare e favorire i suoi movimenti, inclinando variamente le mie gambe, per mostrargli quanto ero brava e troia. Invece, questa volta, faceva tutto lui, aprendomi e chiudendomi le cosce a suo totale piacimento. Ero completamente alla sua mercé e mancava poco perché superasse il limite tra la scopata e lo stupro.
Ebbi così il mio secondo e violentissimo orgasmo, che tentai di tenergli nascosto per non incoraggiarlo, ma non ci riuscii. Percepì le inequivocabili contrazioni del mio ventre e dei miei muscoli vaginali che, solitamente, provocavano anche il suo orgasmo, ma non quella volta.
Era comunque prossimo all’eiaculazione che, dopo vari minuti di insistente martellamento al mio utero, volle sfogare nella mia bocca.
Uscì dalla mia vagina e, risalendo a cavalcioni il mio corpo, si portò con il cazzo davanti al mio viso, attendendo che glielo prendessi in mano per spompinarlo. Io non accennai ad assecondarlo, così se lo impugnò e lo diresse dritto contro le mie labbra che cedettero subito alla sua vigorosa spinta.
Prese a scoparmi la bocca come faceva poco prima con la mia vulva, non lasciandomi alcuna possibilità di sottrarmi a quella vera e propria sodomia orale.
Gli ci vollero, credo, almeno una cinquantina di colpi, prima di emettere i suoi primi due fiotti di denso sperma che mi riempirono la bocca. Poi lo estrasse, e le successive due schizzate mi arrivarono una in una narice e l’altra si estese dal mio zigomo destro fin sulla fronte, impiastrandomi un occhio.
Con tutta quella sborra in bocca e in una narice, riuscivo a malapena a respirare ed ero pure mezza accecata.
Non mi ero mai sentita tanto piacevolmente violata e usata, tant’è che, quando lui finì di fare i suoi comodi, feci una cosa che non avevo mai fatto in sua presenza: iniziai a sditalinarmi e raggiunsi il mio terzo orgasmo in un attimo.
Nel frattempo, si era lavato e rivestito. Io mi alzai dal letto completamente disfatta e mi infilai in bagno per lavarmi e pisciare.
Mi rivestii in silenzio, mentre lui rimaneva a guardarmi, seduto su una poltroncina. Incrociando il mio sguardo nello specchio, mi chiese: “Allora, racconterai anche questo al tuo dolce marito?”
Lo guardai senza dire nulla, così lui mi incalzò con tono beffardo: “Certo è che sarà difficile spiegargli come mai rientri a casa con le mutandine in quelle condizioni, il trucco sfatto e i capelli completamente arruffati…”
Finalmente trovai la forza di rispondergli, aprendomi in un ampio sorriso: “Sarà sicuramente meno incuriosito di quanto lo fosse il tizio alla reception: ma, vedendo che sui nostri documenti è riportato lo stesso indirizzo, non si è mai chiesto, come mai, marito e moglie vengano a scopare al motel?”
Lo baciai appassionatamente, ponendo così fine alla nostra recita degli amanti clandestini che, ogni tanto, ci inventiamo per mantenere viva la nostra complicità e il nostro desiderio di giocare.
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