Vita di coppia

Vita di coppia: Monica e Manuel rivelano tantissimi dettagli interessanti e molto piccanti del loro rapporto, dal giorno in cui si sono conosciuti, ad altri momenti più recenti.

“Ciao, io sono Monica!”

“Ed io, il suo dolce e innamoratissimo marito, Manuel. Abbiamo pensato di scrivere questa antologia di situazioni piccanti ed erotiche a quattro mani…”

“Ehm… Direi a tre mani, visto che una ce l’hai già sulla mia patatina e non abbiamo ancora iniziato a scrivere…”

“Ok, diciamo a due mani visto che tra poco finisce che anche tu ne metti una sul mio pisello…”

“Amore, andiamo al dunque…”

“Ok, il dunque sarebbe che iniziamo con la prima volta che lo abbiamo fatto…”

“Scusa se ti interrompo: cosa intendi per ‘la prima volta che lo abbiamo fatto?’ Devo raccontare di quando avevo 18 anni?”

“Eeeee… ciao. Abbiamo detto di voler scrivere una antologia di situazioni piccanti, con noi due come protagonisti, non la tua enciclopedia del pisello!”

“Antipatico!”

“Ok. Dicevamo, la nostra prima volta insieme…”

“Ci conoscevamo da tre settimane ed era la quarta volta che ci vedevamo. Era la prima volta che salivi a casa mia…”

“Togliamo la curiosità ai nostri lettori e diciamo anche come ci siamo conosciuti.”

“Allora, ci siamo conosciuti al matrimonio di un mio amico. Eravamo solo una trentina di invitati ed il mio dolce futuro marito, durante tutto il ricevimento, non mi aveva guardata neanche una volta. Mi chiedo che cosa avesse in testa per non accorgersi di questo, scusate la poca modestia, PEZZO DI STRAFICA!”

“Non è così amore. Ovviamente, mi ero accorto di te e che mi stavi letteralmente scannerizzando con lo sguardo, ma non volevo fare la figura di tutti gli altri sbavoni che manco hanno baciato la sposa, per stare dietro a te.”

“Infatti, hai ragione. È stato proprio il fatto che non mi fossi morto dietro che mi ha interessato di te.”

“Poi, al momento di congedarsi dagli sposi, mentre avevi tre maschi ringalluzziti che si pavoneggiavano davanti a te, mi sono introdotto tra voi, interrompendo bruscamente la vostra conversazione, ti ho preso la mano, te l’ho baciata e ti ho detto: “Ti chiamo una di queste sere per portarti fuori a pranzo.”

“Cazzo, amore! Io sono rimasta di sasso, ma i tre maschietti sono letteralmente impalliditi e sprofondati, davanti alla tua sicurezza ed intraprendenza!”

“Quindi, veniamo al nostro secondo incontro: siamo andati a fare il brunch la domenica successiva.

Io avevo il ciclo, un mal di testa e di pancia pazzeschi, tant’è che stavo a malapena in piedi, così mi sono fatta riaccompagnare a casa, dopo poco più di due ore, pensando di aver fatto una colossale figura di merda e che non avresti più voluto rivedermi.”

“Ma ti sei scusata e mi hai dato un veloce bacio sulle labbra. Poi, ci siamo telefonati quasi tutte le sere per ore ed ore.”

“Il nostro terzo incontro è stato quando mi hai portata a cena a Cernobbio, la settimana successiva. In macchina mi hai fatto ascoltare il tuo repertorio di musica e, quando siamo stati sotto casa mia, ci siamo baciati a lungo. Ho apprezzato molto che tu abbia saputo tenere le mani a posto, nonostante indossassi quella vertiginosa minigonna in pelle.”

“Eh, cara mia. Ho fatto uno sforzo sovrumano a non infilarti una mano tra le cosce, ma era in ballo il mio futuro con la donna che ha sempre rappresentato il mio ideale erotico e che, pochi giorni prima, mi si era materializzata davanti come in un film di fantascienza.”

“Grazie, caro. Veniamo quindi alla prima volta che abbiamo fatto l’amore. Eri venuto a prendermi il sabato pomeriggio successivo e ti ho chiesto di salire in casa con una scusa scema che adesso nemmeno ricordo.”

“Nemmeno io ricordo che scusa fosse, tanto era scema. Ma ricordo bene che rimasi un po’ deluso perché mi aspettavo di trovarti con un abbigliamento molto provocante, data la minigonna che avevi la volta precedente. Invece, indossavi un semplice paio di jeans chiari e una camicetta rosa, mi pare.”

“Beh, ma quei jeans mi facevano un culo da infarto!”

“Vero, vero.”

“Ti ho fatto accomodare sul divano e ti ho offerto il caffè, poi ti ho chiesto se avevi proprio voglia di uscire oppure…”

“Oppure? Mi hai messo la mano sul pacco e hai sbattuto le palpebre come, poi ho imparato, quando vuoi fare l’amore. Ho ricambiato subito la toccata alle parti intime e mi ricordo chiaramente che ti sei bagnata all’istante, macchiando i jeans. Quindi, ti ho spogliata e ho iniziato a leccarti la patatina, apprezzando molto che l’avessi quasi completamente depilata. Dopo un paio di minuti, sei stata tu a dirmi: “Mettimelo dentro!”

“Cazzo, stavo morendo dalla voglia!”

“Dopo un po’ che ti scopavo alla missionaria, hai iniziato a tentare di rivoltarmi e di mettermi sotto…”

“Poi hai capito che quella dell’amazzone è la mia posizione preferita. Ero vicina all’orgasmo e volevo controllare bene il momento…”

“Infatti, quando sei stata sopra, non hai resistito a lungo. Mi parevi perfino vergognarti di essere stata così veloce, ma per fortuna anche io non mi sono trattenuto più a lungo.”

“Io me ne sono venuta in maniera devastante. Poi, quando poco dopo è toccato a te, mi sono sfilata da sopra e ti ho fatto venire nella mia bocca…”

“Ed io ho pensato: “Cazzo, non solo è una gran figa, ma è anche molto porca!”

“Non è stata questione di porcaggine. Mi sei piaciuto fin da subito, mi hai procurato un orgasmo cerebrale, oltre che fisico, così ho voluto giocare le mie carte fino in fondo, e non solo apparirti una bellona con cervello, come avevi avuto modo di capire durante le nostre conversazioni, ma che ero anche una calda femmina con la quale potevi osare di tutto.”

“Per i successivi due mesi, ci siamo visti solo una o due volte alla settimana, per via dei rispettivi impegni di lavoro.”

“Ed abbiamo scopato tutte le volte, anche quando avevo il ciclo.”

“Poi ti ho invitata a trascorrere le vacanze di Natale in montagna. Non dimenticherò mai l’abbigliamento che sfoggiavi per le cene in hotel.”

“Di giorno andavamo in giro ed ero costretta ad imbacuccarmi nella tuta da sci perché faceva un freddo della madonna, così la sera mi sbizzarrivo.”

“Altro che sbizzarrirti, hai dato scandalo! Mi ricordo ancora il miniabito rosso, con i collant rossi e le scarpe dello stesso colore che hai indossato la sera di Natale. Oppure, il mini-abito bianco in lana che, praticamente, era un maglione, con collant e stivaloni neri, poi il mini-abito color bronzo, con le scarpe dello stesso colore e i collant color carne…”

“Quello era veramente indecente: me ne sono resa conto quando le tre tipe inglesi sono venute da noi a protestare perché i loro fidanzati continuavano a guardarmi e loro non venivano cagate manco di striscio!”

“E cosa mi dici degli shorts in pelle nera con il maglioncino nero, super aderente, che hai indossato a Capodanno? Quelli erano così stretti che ti si vedeva il solco della patatina!”

“Se non fosse stato che i titolari dell’albergo erano talmente attaccati ai soldi, ci avrebbero cacciati a fucilate.”

“Che risate!”

“E che scopate! Dopo cena, mentre eravamo davanti al camino, non so come facevi a controllarti e a non toccarmi. Poi, quando tornavamo in camera, davi sfogo a tutto il tuo feticismo. Prima di lasciarmi spogliare, passavano almeno due ore, durante le quali mi facevi mettere appoggiata con le mani al muro, mi facevi protendere il culo in fuori e inarcare la schiena, mi divaricavi le gambe, mi guardavi sotto la gonna e le tue mani andavano dappertutto. Poi mi facevi stendere sul letto e mi leccavi le gambe, ancora coperte dalle calze, mettevi la tua bocca sulla mia patatina coperta da collant e tanga e ci facevi di tutto. Poi, finalmente, mi spogliavi e mi scopavi come non ci fosse stato un domani.”

“Non hai mai pensato: “Accidenti che porco?””

“Si, ho sempre pensato che tu fossi un grande porcello, ma mi sei piaciuto così. Ma ti immagini me, con uno che si fa problemi ad esprimere pienamente la sua sessualità? Lo manderei a quel paese all’istante!”

“Hai apprezzato così tanto che, già durante quella vacanza, mi hai chiesto se volevo venire a vivere con te.”

“Sì, mi eri così entrato nel cervello, oltre che in altre parti, che ti volevo il più possibile con me. Per me che, prima di conoscerti, ero abituata alla totale indipendenza e libertà, chiedere ad un uomo di vivere a casa mia sarebbe stato come vivere in un film di fantascienza e dell’orrore messi insieme.”

“Altro episodio degno di nota: era inizio estate e andammo in quel ristorante/lounge-bar vicino a Macherio, a fianco della famosa villa…”

“Si, mi ricordo!!! Mi ero messa il miniabito asimmetrico bianco e nero. È un abito da denuncia per spettacolo osceno: è così corto che viene venduto con in dotazione un paio di shorts, microscopici anche quelli, della stessa lycra, che dovrebbero evitare che ti si veda il culo quando lo indossi. Sotto gli shorts, avevo messo un mini perizoma in raso nero elasticizzato. Ai piedi portavo dei sandaletti tacco quattordici, di quelli che riesci a fare al massimo cinquanta passi in tutta la serata, poi ti si spaccano le caviglie.”

“Però, con quei sandaletti il culo ti schizza in orbita!”

“Dunque, per arrivare alle varie sale del ristorante, occorre obbligatoriamente attraversare il lounge-bar. Entrai vestita così. Con quei tacchi, arrivavo a un metro e novanta. Tu, come al solito, sei rimasto qualche passo indietro, per goderti l’effetto ‘gnocca single’ che suscito. Erano tutti a bocca aperta. Mi vennero incontro subito due camerieri, ai quali dissi il nome della prenotazione. Non feci in tempo a parlare che arrivò il titolare e li mandò via, dicendo che mi avrebbe accompagnata lui al tavolo ma, chissà come mai, mi invitò a precederlo indicandomi la direzione…”

“È vero, lo notai. Non ti tolse, nemmeno per un istante, gli occhi dalle gambe e dal culo!”

“Quel locale mi piace un casino e mi attizza molto. La cena trascorse allegramente. Mentre aspettavamo i secondi piatti, mi sono alzata per andare in bagno e ho visto innumerevoli teste che si voltavano per seguirmi con lo sguardo. In bagno, presa dalla porcellaggine, decisi di togliermi gli shorts che ho appallottolato e tenuti stretti in mano quando sono uscita. Tu non ti accorgesti del particolare, ma te lo feci notare io, chiedendoti: ‘Amore, per cortesia, mi puoi raccogliere il tovagliolo, perché con questo vestito non mi posso abbassare?’ ”

“Mi sono abbassato per prenderti il tovagliolo e mi sono trovato la tua patatina, coperta solo dal micro perizoma, a soli venti centimetri dal mio viso. Ti rendi conto?”

“Ah, ah, ah! Mi ricordo ancora la tua faccia, tra il sorpreso, l’interrogativo e l’allupato!!! A fine cena, ci siamo alzati dal tavolo e sono stata costretta a trattenere il vestito con entrambe le mani, mentre attraversavamo le sale e il bar.”

“Sì, e uno dei baristi, quando stavo varcando l’uscita, mi ha urlato: ‘Buon divertimento!’ dal fondo del locale, suscitando l’ilarità e anche l’invidia di tutti gli ometti presenti!”

“Saliti in macchina, mi sei saltato addosso, baciandomi e mettendomi subito una mano sulla patatina, ravanandomela furiosamente. Per favorirti i toccamenti, avevo messo un piede sopra il cruscotto. Dopo diversi minuti, ci siamo beccati uno spavento pazzesco: un carabiniere della pattuglia, che sosta sempre nei pressi di quella famosa villa, ci bussò al finestrino per dirci che non potevamo rimanere parcheggiati li. Quello si era visto chiaramente tutta la scena.”

“Per me era lì da in po’ a godersi le tue gambe, oscenamente divaricate, e la mia mano che te la pastrugnava.”

“Lasciammo quindi il parcheggio e, per tutto il tragitto verso casa mia, circa un’ora, continuasti a toccarmela incessantemente…”

“Tranne quando dovevo cambiare marcia; infatti, quella fu l’ultima auto con cambio manuale che comprai!”

“Arrivati a casa, ti sei goduto, per tre piani di scale, il mio culo completamente scoperto. Appena entrati, siamo corsi sul letto, mi hai letteralmente strappato via le mutandine e me l’hai leccata con una voracità mai vista. In cinque secondi, ti sei tolto pantaloni e boxer, me lo hai sbattuto dentro e ci siamo fatti una delle più intense e veloci scopate che mi ricordi. In tre minuti, siamo venuti entrambi come fontane. Mi hai riempita di tanto di quello sperma che dopo la prima spruzzata, ad ogni successiva pompata del tuo pisello, la sborra mi usciva dalla vagina a fiotti.”

“Ti ricordi che poi tu avesti un ritardo e pensavamo fossi rimasta incinta?”

“Eh sì. Ma ci sbagliammo, purtroppo.”

“Un altro raptus sessuale lo abbiamo avuto quel venerdì pomeriggio, quando siamo andati all’Esselunga di Monza a fare la spesa…”

“Ah, me lo ricordo benissimo! Indossavo una minigonna nera, di quelle ampie con le pieghe verticali, collant neri e stivaloni alti sopra il ginocchio, modello ‘Gatto con gli stivali’. Siamo entrati nel supermercato tranquilli, non avevamo pianificato niente, ma poi, mentre facevamo la spesa e mi dovevo chinare per prendere qualche prodotto sui ripiani bassi, hai iniziato a farmi le foto delle mie scosciate e di tutto ciò che non riuscivo a nascondere sotto la corta gonna.”

“Inizialmente, mi hai detto di smetterla, poi ci hai preso gusto e, non solo facevi in modo di prendere più frequentemente prodotti che stavano sui ripiani più bassi o più alti, ma ti guardavi anche in giro e aspettavi che ci fosse qualcuno che guardasse verso di te, per metterti in qualche posizione oscena.”

“Cavolo, mi sono fatta prendere la mano perché quel gioco mi stava eccitando da morire, tant’è che, ad un certo punto, ti ho detto che avevo assoluta necessità di essere scopata, perciò abbiamo abbandonato il carrello pieno di spesa in una corsia, ci siamo precipitati alla macchina, parcheggiata nel sotterraneo e, appena salita, ho strappato il collant con le unghie, ho divaricato le gambe, appoggiando le suole degli stivali al parabrezza e ti ho ordinato di scoparmi con tutte le tue forze.”

“Anche quella scopata non durò a lungo, sia perché eravamo infoiati come bestie, sia perché la nostra auto era parcheggiata tra altre e rischiavamo che potesse arrivare qualcuno a recuperare la propria.”

“È stato anche quello che mi ha eccitata da morire.”

“Quello che mi ha eccitato di più è stato scoparti con ancora indosso i collant e gli stivaloni: mi sembrava mi stessi facendo una zoccolona di strada.”

“Quando sei venuto, hai combinato un casino! Mi hai saettato dentro la prima spruzzata, poi lo hai tirato fuori e mi hai sparato crema dappertutto: sulle cosce, sulla gonna, sugli stivali… Mamma mia quanto sperma!”

“Poi ci è sembrato che si stesse avvicinando qualcuno, così mi sono tirato su i pantaloni, ho messo in moto e siamo usciti veloci dal parcheggio.”

“Dopo la spesa, saremmo dovuti andare direttamente a mangiare fuori ma ero così impiastrata di sperma che abbiamo dovuto prima tornare a casa, affinché potessi lavarmi e cambiarmi i vestiti.”

“A Varenna abbiamo fatto sesso due volte, in altrettante diverse occasioni. La prima volta è stata un sabato di luglio, quando c’erano i fuochi artificiali.”

“Anche lì abbiamo rischiato di brutto! Per quella occasione, ero vestita tutta d’oro: abitino in lamé aderente, borsetta, scarpe e tanghino micro-minimo. Abbiamo cenato, poi siamo andati a passeggiare lungo la passerella che unisce il porticciolo vecchio con la zona dell’imbarcadero dei traghetti. Poco prima di arrivare sul piazzale, c’è una specie di grotta con delle arcate che si affacciano sul lago. Proprio mentre stavamo passandoci dentro, sono iniziati i fuochi. Per via di tutta la gente che era affacciata da quelle arcate per vederli, noi, che eravamo più indietro, non vedevamo niente.”

“Infatti, amore. Dicesti proprio: ‘Non riesco a vedere un cazzo!’ ”

“Cosi, ci hai pensato tu! Magari non l’ho proprio visto, ma sicuramente l’ho preso perché, approfittando che tutti erano rivolti verso il lago, e nessuno guardava verso la parte interna della grotta, anche piuttosto buia, mi hai trascinata contro la parete, mi hai ficcato la lingua in bocca e mi hai infilato una mano nelle mutandine. Cazzo! Essere in quella situazione, con tutta quella gente a tre metri di distanza e con i fuochi che potevano finire da un momento all’altro, mi ha fatta andare fuori di testa.”

“Sei stata proprio tu a dirmi di mettertelo…”

“Sì, e tu non hai avuto il minimo indugio, razza di pazzo! Scopata galattica: per aprirmi meglio, avevo appoggiato il piede destro sulla seduta in pietra, ricavata nella parete di roccia, e cercavo di essere solo io a muovermi, perché temevo che qualcuno potesse vedere i tuoi movimenti da dietro. Sono venuta in un lampo e ti ho intimato perentoriamente di venirmi dentro, altrimenti non avrei saputo come pulirmi. Mi hai riempita come un bignè. Quindi, prima di lasciarti uscire, e provocare un altro disastro, ti ho preso dalla tasca posteriore il fazzoletto e me lo sono infilata nelle mutandine, affinché assorbisse tutto.”

“Poi, ti ho portata a mangiare il gelato e ti sei fiondata in bagno a sistemarti.”

“E lì ho scoperto con orrore che, nonostante le precauzioni prese, avevo uno schizzo di sperma sull’interno della coscia, poco sopra il menisco, quindi non coperto dal vestito!”

“La seconda volta che abbiamo fatto sesso a Varenna, invece, l’avevamo programmata.”

“Quella settimana, avevamo traslocato nella nostra nuova casa e, a causa del casino e della conseguente stanchezza, non avevamo fatto sesso per un po’ di giorni. Avevamo così deciso che, quel sabato sera, sarebbe stato: cena fuori e scopata in macchina.”

“Che comunque facevamo e facciamo tuttora, abbastanza di frequente, anche se abbiamo una comodissima casa.”

“Ma quella sera mi sentivo veramente troia, per via dei giorni di astinenza. Per cui, mi vestii con in paio di shorts in jeans, così stretti che mi marcavano il solco della patatina in maniera veramente oscena. Sotto, mi ero messa il tanga del bikini fuxia, assicurandomi che l’elastico si vedesse uscire bene sopra i fianchi. Il seno era coperto da un top bianco semitrasparente, senza reggiseno, e i capezzoli sparavano fuori come chiodi. Ai piedi misi un paio di zeppe alte così, con i laccetti fuxia, coordinati con le mutandine.”

“Quando abbiamo attraversato il paese a piedi, ho fatto ancora il giochetto di farti camminare da sola, dieci metri davanti a me…”

“Da vero porco! E io sembravo un troione tedesco sbarcato in cerca di cazzi!”

“Il cameriere del ristorante, quando ti ha vista, balbettava e non ti toglieva gli occhi dalle tette e dal solco della tua patatina.”

“Dopo aver mangiato, dovevamo trovare in posto dove ‘consumare’, così ti venne l’idea di quel belvedere che c’è sopra Perledo.”

“Il posto è stupendo, perché è imboscato, dotato di panchina strategica, parzialmente nascosta da una siepe e da un albero. Il problema furono però le zanzare, che ti stavano mangiando, per cui cercammo un altro luogo che non trovammo in breve tempo. Avevamo così tanta voglia che decidemmo un altro posto a rischio, ossia una piazzola a lato della strada, ma c’era troppo passaggio di auto, per cui abbiamo rinunciato alla scopata e ripiegato sulla masturbata reciproca.”

“Ho iniziato io, slacciandoti i pantaloncini e facendoteli togliere, poi ti ho stuzzicato a lungo i capezzoli, attraverso il top setoso, con frequenti palpate di tette a piena mano. Poi sono sceso e ho iniziato a giocare con il tuo ombelico, massaggiandoti il pancino e i fianchi.”

“Ed io pensavo: ‘Ma quando cazzo si decide a mettermi una mano sulla figa?’ ”

“Ah, ah, ah! Ma se ti piacciono i preliminari!”

“È vero, ma in quel momento avevo una voglia folle di essere pastrugnata.”

“E ti ho presto accontentata, perché una Barbie con il tanga fuxia è sempre stato il mio feticcio, per cui misi grande impegno a toccartela e pastroccartela in ogni modo possibile.”

“Intanto, io ti avevo slacciato i pantaloni e ti strizzavo il pacco come una forsennata. Cosa ne dici, amore, se anche quando finiamo questo episodio, ci diamo una bella pastrugnata? Tutto questo raccontare le nostre porcellate mi ha fatto venire una voglia…”

“Ok amore, ma adesso racconta il finale.”

“Mi mancava poco a venire, per cui mi sono tolta le mutandine e ho divaricato le gambe al massimo possibile dentro l’auto: il ginocchio destro era incollato al finestrino e il sinistro al volante. Tu hai iniziato una serie di decise pressioni sul mio pube con il pollice, mentre mi rigiravi l’indice nella patatina e il mignolo nel buchetto posteriore. Poco dopo, me ne sono venuta come una fontana. Mi ci volle tempo per riprendere il controllo della mente e, soprattutto, della mano che non aveva mai lasciato la presa dal tuo pisello. Ora toccava me farti impazzire!”

“E ci sei riuscita pienamente.”

“Ti ho abbassato i boxer e ho impugnato il tuo cazzo che fremeva di ricevere un trattamento adeguato a quello che avevo ricevuto io. Sapevo che, dopo tutti i toccamenti che aveva già ricevuto, mentre mi masturbavi, e per via dei lunghi giorni di astinenza, la tua resistenza non sarebbe durata a lungo, ma avevo voglia di giocarci e di farti divertire il più possibile. Per cui, ho iniziato una sega molto lenta. Il glande era già imperlato dei tuoi umori e ciò permetteva alle mie dita di scivolare alla grande lungo l’asta. Al lavoro di mano, aggiunsi quello dello sguardo, che tenevo fisso nei tuoi occhi con intrigante e complice intensità.”

“Il tuo lavorio di mano e di sguardi mi stava portando velocemente all’orgasmo, così e ti ho avvisata che, da lì a poco, sarei capitolato, nonostante i miei sovrumani sforzi di prolungare il più possibile quei momenti.”

“Ti ho detto di resistere ancora un pochino, perché volevo farti la roulette russa.”

“Spiega bene ai nostri lettori come si fa la roulette russa, mentre si masturba un uomo.”

“Per dovere di sincerità, non è una mia invenzione, ma mi è stata mostrata da una mia amica, sulla pelle del suo fidanzato, quando avevo poco più di vent’anni. Comunque, si fa così: quando il vostro ometto vi avvisa che sta per venire, o se siete voi ad accorgervi che è quasi sul punto di eiaculare, iniziate una sequenza di tre veloci pompate con la bocca, poi vi staccate, rimanendo con il viso vicino al suo glande, e gli date tre decise segate. Attendete un paio di secondi, poi di nuovo tre pompate di bocca, vi staccate e quindi tre veloci segate e due secondi di pausa. E così via. Se vi prendete la sborrata in bocca, avete vinto la roulette. Se, invece la spruzzata di sperma vi lava la faccia, avete perso. In entrambi i casi, dovete svuotare completamente il vostro uomo nel modo in cui ha iniziato a venire. Ossia, se ha iniziato a schizzarvi in viso, non potete parare il colpo mettendovelo in bocca.”

“Ti ricordi se, quella sera, hai vinto o perso?”

“Quella sera mi sentivo così troia, e volevo mostrarti tutta la mia porcaggine, che ho voluto perdere. Per cui, ho attivato tutte le mie percezioni, per cogliere l’esatto istante nel quale saresti venuto e ho coordinato bene i tempi di mano e bocca, prendendomi in pieno viso la tua enorme sborrata che mi ha distrutto il pesante trucco che mi ero messa quella sera.”

Hai appena letto solamente una piccola parte delle avventure erotiche e delle storie di sesso che abbiamo realmente vissuto e che narriamo in questo libro, senza censure e con tanti altri dettagli sulla nostra vita di coppia e sulle nostre trasgressioni.

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