Immortale perversione: Linda

Immortale perversione: Linda – di Kelly Tusk e Monica Drake

Linda attendeva Judas comodamente sdraiata su un lettino prendisole e indossava un bikini ridottissimo color rosa brillante. Sgambato oltre la decenza, faceva risaltare in maniera esponenziale lo splendido stacco di cosce.

Lo invitò, o per meglio dire, gli ordinò di servirsi da bere, e poi di sedersi accanto a lei.

Judas lo fece controvoglia, ma sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe eseguito gli ordini di quella donna.

Temporeggiò: “Che vista magnifica! E questa villa è meravigliosa. Ti sarà costata una fortuna…”

Lei continuò senza scomporsi: “Meno di quanto credi.”

La voglia di prendere a calci nel culo quelle natiche perfette si faceva in lui ogni istante più prepotente. Aveva avuto a che fare con centinaia, forse migliaia di donne, ma l’arroganza e la strafottenza di Linda non avevano eguali. Si accorse che il mostro che risiedeva dentro di lui non poteva essere più d’accordo!

Basta! Era arrivato il momento di giocare il tutto per tutto con un approccio rischioso, ma non vedeva altra possibilità. Cambiò atteggiamento vestendo i panni di persone che aveva sempre ripudiato.

Si alzò in piedi con tono sicuro e sfrontato tenendo in mano il bicchiere da dove bevve tutto d’un fiato: “Senti, tesoro, andiamo al nocciolo della questione: questa conversazione inizia ad annoiarmi.”

La donna si girò a guardarlo, sbigottita dalla sfrontatezza delle sue parole, e continuò a tacere, curiosa di vedere fino a che punto volesse spingersi.

L’uomo le fece scorrere lo sguardo su tutto il corpo. Linda ne sembrò lusingata, ma continuò a rimanere guardinga.

Judas capì che era sulla strada giusta e non poteva assolutamente commettere errori.

Le accarezzò con un dito la guancia, provocando in lei un’eccitazione che riuscì a trattenere a stento.

Questa volta, fu lei ad alzarsi, facendo ondeggiare sinuosamente il bacino, sicura che gli occhi di lui fossero puntati sul suo sedere. Prese una coppa colma di fragole e tornò a sederglisi accanto.

Ne mangiò una in modo molto provocante. Nel frattempo, Judas le mise sconsideratamente una mano sulla coscia e, gli fu facile intuire dalla muscolatura, che la maliarda era parecchio dedita allo sport e all’allenamento.

Le si parò a pochi millimetri dal suo viso, e sentì i nervi di lei contrarsi, ma non capì se dalla paura o dall’eccitazione.

Scandendo bene le parole sussurrate, in modo che non potessero esserci fraintendimenti: “Lasciami campo libero e non avrai a pentirtene.”

A quella frase, Linda si riebbe dal torpore della lussuria che solo quell’uomo era riuscito a provocarle. Istintivamente, gli diede una violenta manata sulla spalla: “Parla piano, imbecille! Non vedi che ci sono le videocamere?”

Lui fece finta di non essersene accorto e si guardò in giro come un ebete, dalla parte opposta di dove indicava lei. Con il fare più innocente di cui era capace, le chiese: “E allora? Siamo a casa tua, no? Chi altri, se non te stessa, può rivedere i filmati?”

Linda si diresse verso un mobiletto laccato bianco, posto accanto al muro. Aprì un cassetto e ne estrasse un telecomando. Puntandolo verso le cineprese, le lucine al loro lato si spensero.

Dopo pochi attimi, il suo body-guard comparve nella veranda, osservando tutt’attorno con fare indagatore: “Ho notato che si sono spente le videocamere di sicurezza. Va tutto bene, signorina Linda?”

Lei lo guardò scocciata: “Sì, Rossano. Le ho spente io. Ora, per favore, lasciaci soli e non venire a disturbarci per nessun motivo.”

L’uomo ubbidì ed uscì con un inchino malfatto e svogliato. Di sicuro, non si sarebbe più fatto vivo per nessuna ragione al mondo.

La voce di Linda si fece più melodica e sensuale, come pure le sue movenze.

Ritornarono entrambi sul lettino, lei si mise mezza sdraiata e accarezzò il petto villoso di Judas.

Era fatta! La puttana aveva abbassato la guardia.

L’uomo lasciò parlare la sua mascolinità e i suoi modi di consumato playboy. Le portò una mano sotto il mento e, delicatamente, la trasse a sé, iniziando a baciarla. Partì dolcemente, ma lei non gliene diede modo, prendendo a limonarlo furiosamente.

Il sapore di Judas le aveva acceso gli ultimi interruttori della libidine e sentiva prepotente, più che mai, il desiderio di chiavarselo selvaggiamente, mostrandogli che non solo era una donna che non aveva alcuno scrupolo o limite negli affari, ma nemmeno nel sesso.

Vista la reazione spudorata di Linda, Judas decise di passare subito agli approcci “pesanti”. Afferrò il laccetto che tiene assieme le due coppe del reggiseno e, con un secco strattone, glielo strappò, liberando le prepotenti mammelle.

Le mani dell’uomo non lasciarono loro il tempo di ballonzolare che già le stavano strizzando. Con molta sorpresa, Judas si accorse che il loro volume non era frutto della generosità della natura ma, per buona parte, dell’abile intervento di un chirurgo che era stato capace di celare le protesi di silicone sotto i muscoli pettorali di Linda.

Gli importò ben poco di questa scoperta e continuò a pastrugnarle le tette senza ritegno, mentre lei gli frugava il pacco al di sopra dei pantaloncini da bagno.

Le esplorazioni delle mani dell’uomo proseguirono verso il ventre piatto della donna che, proprio a causa della sua perfezione, in fondo ad esso faceva spiccare il suo pube pronunciato che, dopo pochi istanti, diventò l’oggetto delle attenzioni di Judas. Prima con oscene carezze, che lei assecondava spalancando spudoratamente le cosce, poi con potenti lappate, dopo aver tuffato il suo viso nel suo solco intimo, lasciato totalmente accessibile dalla sottile fettuccia del ridottissimo perizoma.

In preda alla lussuria più sfrenata, e sotto le abilità di Judas, Linda si era ormai abbandonata ad ogni perversione che lui le somministrava. Con gli occhi chiusi e la bocca spalancata, gli tratteneva la testa tra le gambe, ansimando e muovendo scompostamente il bacino, affinché ciò acuisse il suo piacere.

Quando a Judas parve più consono alle proprie voglie, tenendo il volto attaccato alla vulva, infilò le mani sotto i glutei torniti, li afferrò con decisione e, facendo sfoggio della sua notevole forza, l’alzò di peso.

Lei spalancò gli occhi istantaneamente, travolta dalla sorpresa di sentirsi sollevare in quel modo e dall’improvvisa sensazione di vuoto sotto di sé. Vide che tutto ciò che le stava intorno iniziava a ruotare. Questi effetti durarono pochi istanti, perché, appena dopo un forte fragore, si ritrovò tuffata nell’acqua della piscina.

Mentre ancora affondava, udì un secondo tonfo attutito, poi si sentì afferrare per una caviglia e trascinare a galla. Quando ritenne di poter riaprire gli occhi, vide il volto sorridente di Judas, fiero della sua dimostrazione di forza mascolina.

Lo lasciò insinuarsi tra le sue gambe e lo agevolò nel lasciarsi penetrare dal suo turgido randello, rimanendo in posizione quasi orizzontale. Lui prese a darle potenti affondi che la stavano spingendo verso uno dei bordi della vasca.

In ciò, e nell’espressione del viso dell’uomo, lei percepì una notevole dose di spavalderia e di sadismo, ma non se ne curò, preferendo assecondare e partecipare attivamente a quella fantastica scopata, la cui intensità le risultò molto rara, anche a lei che in fatto di sesso ne aveva viste e fatte di tutti i colori.

Era talmente trasportata dall’impeto sessuale che nemmeno le parve di essere letteralmente usata da Judas, il quale non si preoccupò minimamente se la donna stesse provando piacere, dedicandosi esclusivamente al proprio e pregustando la lezione che quella troia criminale avrebbe ricevuto a breve.

L’egoismo e la freddezza di cui era pregno contribuirono ad accelerare il raggiungimento del suo orgasmo. Diede un ultimo sguardo al corpo sinuoso e sensuale della donna che si contorceva tra le sue mani, succube del piacere che lui le stava dando, e, dopo aver posato gli occhi sul suo membro che la stava letteralmente trivellando, sentì l’improvvisa e violenta esplosione dell’orgasmo.

Percepì le saettate di sperma mentre gli percorrevano l’asta e si espandevano nella vulva di Linda che, quando si sentì riempire, prese ad urlare il proprio piacere così intensamente, tanto che Judas temette che il body-guard la sentisse e potesse fare la sua comparsa da un momento all’altro.

Evidentemente, Rossano era abituato a certe performances della sua padrona, perciò, anche se udì i suoi vocalizzi, non se ne curò.

Qualche istante dopo, Judas ebbe il sentore del mostro che fremeva per uscire e non fece nulla per ostacolarlo.

L’istinto predatore venne a galla prepotente, mentre tutta la schiena si copriva di una massa gelatinosa che andava via via solidificandosi in una spessa corteccia di colore grigiastro. Al posto delle braccia e delle gambe, tozze zampe ricoperte di squame afferrarono la donna ai fianchi, tentando di trascinarla verso il centro della piscina.

I lunghi capelli biondi si fusero insieme in una specie di collare di identico colore, ma dotato di spuntoni acuminati.

Il vissuto di Linda non le impedì di rimanere spiazzata a quella vista terrificante, ma non per questo si sarebbe arresa.

Aiutandosi solo con le braccia, riuscì a voltarsi, aggrapparsi al bordo e ad issarcisi, in modo da riuscire almeno a respirare e, con l’unica gamba libera, assestò un violento calcio in pieno muso della bestia.

Il mostro indietreggiò di pochi centimetri, accusando il colpo, ma con le fauci spalancate si riportò subito sulla preda.

Con la forza della disperazione, Linda riuscì ad uscire per metà dall’acqua, sfuggendo per un soffio al morso micidiale. Guardò con orrore il suo carnefice. Riuscì solo a dire: “Ma cosa cazzo sei? Un coccodrillo…”

Grazie alla sua agilità, la donna riuscì a fare un giro completo su sé stessa e ad uscire dalla vasca.

Il mostro non fu da meno e, in un balzo, uscì anch’esso dall’acqua. La sua massiccia struttura lo portava ad essere molto veloce in acqua, ma decisamente più lento sulla terra ferma, dando così il tempo alla sua vittima di arrivare alla sdraio e recuperare la borsetta appoggiata sopra di essa.

Riuscì rapidamente ad aprirla e ad estrarre l’arma, proprio nel momento in cui l’orrenda creatura si accingeva a sferrare un nuovo attacco.

Linda non esitò un solo istante e sparò due colpi in rapida sequenza che centrarono il mostro proprio in mezzo alla fronte.

L’essere, si fermò all’istante e iniziò a barcollare.

Fece ancora qualche passo incerto verso di lei, per poi accasciarsi pesantemente a terra. Emise un gemito, a metà tra un ruggito ed un lamento. Iniziò a respirare sempre più a fatica, finché non rimase immobile in una pozza di sangue.

La ragazza guardò l’occhio vitreo e ne dedusse che fosse morto sul colpo.

Linda rimase alcuni secondi ansimante, con la pistola ancora puntata verso la bestia.

Sospirò e si decise ad abbassare l’arma, dandogli un ultimo sguardo e provandone disgusto.

Gettò la pistola sul lettino e spostò indietro i capelli tentando di riassettarseli.

Era ancora fortemente scossa per il terrore, ma iniziava lentamente a riprendere il controllo di sé. Afferrò il pacchetto di sigarette con mani tremanti e ne accese una, sedendosi sulla sdraio con le spalle al mostro.

“Merda! Ma tu guarda cosa doveva capitarmi!” esclamò con la voce strozzata per l’adrenalina che aveva ancora in circolo.

Da donna forte e temprata qual’era, non impiegò molto a riaversi e iniziò a pensare alle ipotesi più disparate. Prima fra tutte, quella che quell’abominio fosse il risultato di qualche esperimento scientifico o chissà che altro, sfuggito al controllo.

Tutto le parve plausibile, perfino che qualche spacciatore rivale le avesse inviato quello scherzo della natura per eliminarla dagli affari.

In quel momento si sentì vittoriosa e il suo ego, già smisurato, crebbe ancora di più.

Puntò un pugno al cielo e si mise a gridare verso l’azzurro, come se qualche nemico invisibile la stesse ascoltando: “Ci avete provato, bastardi, ma vi è andata male. Nessuno riesce a fottere Linda Grim…”

La parola le si strozzò in bocca quando il mostro, nel frattempo riavutosi, non perse tempo e, con un unico e poderoso morso, le strappò la testa dal collo, ingoiandola intera.

Dal pezzo di collo rimasto attaccato al corpo, iniziò a zampillare sangue che si sparse ovunque, mentre brandelli di carne finivano sul lettino e in terra. L’unica cosa che rimase di lei fu il tronco, ormai interamente coperto sangue ma ancora seduto sul lettino e con le braccia nella stessa posizione: una mano chiusa a pugno e, nell’altra, la sigaretta accesa.

Il potente alligatore non si accontentò di ingurgitarne la testa, ma afferrò tra le fauci la restante parte del corpo e lo trasportò senza fretta nell’acqua.

La piscina si tinse di rosso intenso, mentre il predatore iniziò a girare vorticosamente nell’acqua, insieme a quel che restava della sua preda.

Altri brandelli si staccarono dal corpo e andarono a depositarsi ovunque, trasformando la lussuosa piscina in una gigantesca e vomitevole zuppa.

Ormai certo di aver annientato la sua vittima, risalì nuovamente sul bordo della vasca, sudicio di sangue e viscere, e ne depositò alcuni resti.

Rimase alcuni istanti in contemplazione del suo pasto, che ormai non gli parve più così appetitoso. Caracollando, si sdraiò immobile all’ombra del gazebo, come tutti i rettili, a cercare un po’ di refrigerio, dato che l’acqua della piscina era fin troppo calda per lui.

In mezzo a questo scenario truculento, giacevano brandelli del cadavere, tra cui una gamba con attaccato il piede. Si potevano ancora notare le dita, con le unghie perfettamente smaltate, che ormai non si distinguevano molto dal rivoltante ammasso di budella di cui era inondata la zona relax.

Judas, ripresa la forma umana, osservò il terribile scempio che si era consumato.

Si massaggiò la fronte ancora dolente, mentre una piccola ferita vicino al sopracciglio andava velocemente rimarginandosi.

Esclamò tra il divertito e il preoccupato: “Cazzo, vecchio mio. Questa volta ce la siamo vista brutta. Ora è meglio toglierci di mezzo, prima che arrivi qualcuno.”

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